La Giornata della Memoria con Viktor E.Frankl

Autore: Viktor E.Frankl
Editore: Ares
Pagine: 160
Prezzo: eur 14.25 brossura
  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5
  • Stile: ♥♥♥♥/5

 

In occasione de Il giorno della Memoria, cerchiamo sempre di impegnarci in una lettura a tema. E’ un modo per affondare ancora una la volta la mano in una storia che già conosciamo ma di cui è bene rammentarne gli orrori, perché non si possano ripetere.
“Il treno si muove lentamente, quasi esitando, come se volesse porre gradualmente, con delicatezza, la merce umana che trasporta di fronte alla verità: Auschwizt!
Ora si vede meglio: nella luce dell’alba affiorano per chilometri e chilometri, a destra e a sinistra delle rotaie, i contorni di un campo mostruosamente grande. Doppi e tripli recinti di filo spinato si estendono senza fine; torri di controllo, riflettori e lunghe colonne di figure umane, vestite di brandelli, grigie nel grigiore dell’alba. Si trascinano lentamente, stanche, lungo le desolate strade di campagna, nessuno sa verso dove.”
Abbiamo iniziato a leggere questo piccolo libro sicure che fosse narrativa.
Invece no. E’ a metà tra l’autobiografia ed il saggio ma non ha molto della prosa fluida e raccontata delle nostre aspettative.
Ci siamo rese conto che non poteva essere altrimenti . Non poteva perché il resoconto della prigionia in un Lager, se fosse stato arricchito da uno stile romanzato, meno tecnico, se fosse stato un diario più che la riflessione di uno psicologo, il lettore ne sarebbe uscito devastato.
Le pagine ci narrano l’esperienza di un sopravvissuto, di un uomo che non si è lasciato abbattere e che ha fatto di tutto per mantenere integra la propria mente e il proprio spirito.
Un uomo che narra di sé stesso, dei suoi compagni di prigionia, delle lunghe giornate chiuse dietro un filo spinato, tra il freddo e la fame, la paura e il dolore.
Non si segue un corso temporale continuo. Si passa da un episodio all’altro, tra ricordi, spiegazioni, aneddoti che spiegano e scandagliano la psicologia del prigioniero.
L’uomo con il vestito lacero, lo sguardo spento, i piedi gonfi dentro scarpe rotte e l’aspetto emaciato della denutrizione lo conosciamo attraverso la paura dell’arrivo  che diventa sbigottimento nel comprendere ciò che lo attende. Lo percepiamo nella rabbia delle ingiustizie subite, della frustrazione del non poter cambiare le proprie condizioni. Lo vediamo farsi abbattere dalla sofferenza, dal dolore fisico e morale.
Lo vediamo perdersi nella sua dignità, nella sua umanità e nella sua fiducia verso il prossimo.
Una cosa sicuramente il Lager non è riuscita però ad azzerare: la libertà spirituale.
Ogni individuo all’interno di quel filo spinato era libero di affrontare come voleva il crudele destino che aveva davanti.
Qualcuno l’ha fatto regalando una parola buona al compagno, qualcun altro abbandonandosi all’apatia, qualcuno cercando la morte, qualcun altro ancora sognando l’impossibile
Perché l’uomo è più forte del destino.
” …ogni uomo, anche se condizionato da gravissime circostanze esterne, può in qualche modo decidere che cosa sarà di lui – spiritualmente – nel Lager”
La nostra vita non ha valore semplicemente se è attiva, se abbiamo la possibilità di realizzarci ne tanto meno ha solo valore se è una vita ricettiva, quando entriamo in contatto, interagiamo con ciò che ci circonda.
Il prigioniero del Lager ha dimostrato che, pure azzerando l’attività e la ricettività, l’uomo comunque può essere più forte di ciò che gli viene imposto e può decidere come affrontare quello che gli rimane, seppur ciò che resta è solo sofferenza.
La storia del genocidio ormai la conosciamo ma mai abbastanza da poterla ignorare. Ci sarà sempre una nuova generazione da illuminare,  delle menti da aprire, degli animi da sensibilizzare , degli ignoranti da acculturale.
Quindi con piacere ogni anno , ogni 27 gennaio saremo presenti in prima linea a ricordare questo giorno della memoria che non si può assolutamente e in nessuna epoca dimenticare
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